Cenni Storici
Il Palazzo venne fatto costruire dal nobile Iseppo Porto verso la metà degli anni Quaranta del Cinquecento, demolendo una precedente residenza tardogotica. È molto probabile che Iseppo Porto intraprenda la costruzione di un grande palazzo nella contrada dei Porti spinto dall’emulazione nei confronti di quanto i cognati Adriano e Marcantonio Thiene avevano cominciato a realizzare nel 1542 a poche decine di metri di distanza. Inoltre, è possibile che proprio il matrimonio di Iseppo con Livia Thiene, sia l’occasione concreta che determina l’affidamento del progetto al Palladio. I Porto erano una famiglia ricca e potente in città e i palazzi appartenenti ai diversi rami della famiglia si attestavano lungo la contrada che ancora oggi porta il loro nome. Iseppo in particolare fu un personaggio influente con diverse responsabilità nell’amministrazione pubblica della città. Trent’anni dopo il progetto per il palazzo di città, Palladio progetta e inizia a realizzare una grande villa per Iseppo a Molina di Malo che non fu mai completata. L’inquadramento cronologico dell’intervento è stato alquanto dibattuto, ma recentemente la genesi del progetto è stata collocata intorno al 1546. La realizzazione risulta compiuta in gran parte nel 1549, mentre sono attestate opere di completamento, comprese le decorazioni interne, fino al 1552. La paternità palladiana del progetto è testimoniata dall’inserimento ne I quattro libri e da diversi disegni della raccolta del Royal Institute of British Architects di Londra. Essi testimoniano un iter progettuale complesso che prevedeva sin dall’inizio l’idea di due blocchi residenziali distinti. Di tale progetto ha trovato realizzazione solo il corpo di fabbrica su contrà Porti.
Descrizione Strutturale e Decorativa
Il palazzo è un edificio a due piani con soprastante attico a cui si accede attraverso un notevole atrio a quattro colonne coperto da volta a crociera. Il piano terra, configurato a bugnato gentile, presenta ai due lati del portale tre finestre rettangolari sotto lunette, con mascheroni nelle chiavi. Il piano nobile è scandito da semicolonne ioniche in sette campate, con altrettante finestre a edicola dai timpani alternati le quali si affacciano su balconcini poco sporgenti chiusi da balaustre. Sul piano attico si aprono finestre quadrate comprese tra pilastri; sui due centrali e su quelli d’estremità sorgono statue onorarie della famiglia Porto. Le statue dell’attico sono attribuite a Lorenzo Rubini. Ai lavori di decorazione interna hanno partecipato per gli affreschi Paolo Veronese, ma il suo intervento è andato perduto probabilmente nell’Ottocento, e Domenico Brusasorci (cui si deve la Caduta dei Giganti in una sala del piano terreno) e il Ridolfi per gli stucchi. Nel Settecento è intervenuto nelle decorazioni del salone anche Giambattista Tiepolo. Gran parte degli affreschi del Tiepolo sono stati strappati e sono custoditi all’Art Museum di Seattle (USA). Confrontato con Palazzo Civena, precedente appena di qualche anno, Palazzo Porto restituisce appieno la misura dell’evoluzione palladiana successiva al viaggio a Roma del 1541 e al contatto con l’architettura antica e contemporanea. Il modello bramantesco di Palazzo Caprini viene qui reinterpretato tenendo conto dell’abitudine vicentina di abitare il piano terreno, che quindi risulta più alto. Lo splendido atrio a quattro colonne è una reinterpretazione palladiana di spazi vitruviani, dove sopravvive anche il ricordo di tipologie tradizionali vicentine.
Uso Attuale
Il Palazzo ha destinazione direzionale e residenziale. Non è visitabile.
Informazioni
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